Roma, Marzo/Aprile 2020,
Chiusa in casa, ho sentito l’esigenza di raccontare quello che stiamo vivendo. La cosa che amo di più della mia passione e della mia professione è avvicinarsi all’altro, è ritrarre l’altro. Ero davanti al mio computer e ho pensato che al momento fosse l’unico mezzo attraverso il quale avrei potuto farlo.
Così ho iniziato.
Attraverso uno dei tanti programmi di videoconferenza, telefono alle persone a me care, “entro nelle loro case, le faccio entrare nella mia” e scatto una foto. Il mio computer è poggiato su una scrivania bianca, a sua volta attaccata a una parete bianca. Intorno a lui non c’è quasi mai niente e mi sembra rappresentare perfettamente quello che stiamo vivendo: un mondo svuotato, asettico, “disinfettato”, distante, dove l’unica cosa che riesce a riscaldare la realtà è la figura umana: è posta al centro di tutto, veicolata sì da uno schermo, ma colorata, calda, emozionata ed emozionante. Mi fa di nuovo sentire ancorata alla mia esistenza e me ne ricorda il valore, mentre tutto sembra allontanarsi e perdere di senso.
I volti di quelle persone, come degli ANTICORPI, mi hanno difeso dal senso di smarrimento in cui mi stavo perdendo.